Ricordi sonori Vs Insonnia

In una lunga notte di traversata (una delle tante), nel vuoto pneumatico di un mare invisibile, tutto ti tiene compagnia mentre resti sveglio. Quali sono gli elementi che costruiscono e fissano la memoria di quelle notti? Qual è quel ricordo, cos’è che davvero ti porti dietro come ricordo?

In pozzetto, durante la traversata forse siamo in due. Forse l’uno dormicchia, mentre l’altro resta sveglio, scruta l’orizzonte e sostanzialmente non fa nient’altro. Le ore passeranno, sì, ma il tempo è momentaneamente sospeso: ogni minuto passato ti regala la possibilità di essere rivissuto quando tra mesi sarai a casa, e vorrai tornare col pensiero a questa notte, a questo preciso momento, e a tutte le notti su Shasa. A Shasa, purchessia.

img_4484Ieri notte, immerso a pancia sotto nel cuscino e nel silenzio insonne del mio letto di città, ho chiuso davvero gli occhi e come tante altre volte ho cercato la pace immaginando di essere tornato in cuccetta, sottocoperta. Consapevole di poter sentire i legni dell’interno di Shasa se solo avessi allungato una mano, percepivo quel filo d’aria di mare che entra dall’oblò, il dolce rollio di una notte alla fonda, assorbivo il ristoro posturale dato dal materassino di gommapiuma sul tavolato rigido, ad una distanza indistinta tra la mezzanotte e l’alba. Ma per una volta mi sono detto “Ma no, dai, stanotte me la passo in pozzetto!”. Nel mio letto quindi mi sono girato su un fianco, in posizione semifetale, le mani infilate tra le cosce per proteggermi dal freddino dell’Adriatico notturno.

Ho potuto fare l’inventario dei rumori che sono sempre lì, costanti nelle notti in pozzetto: il “totototototo” profondo e costante del motore, che nel giro di poco diventa il tuo stesso respiro; lo “shshhhshhh” dell’acqua che scorre lungo lo scafo e che ti abbandona friggendo nelle bollicine della scia; il “wwhhhooo” gentile del vento apparente sulla randa; il “cla-clac” delle lattine di birra vuote abbandonate in pozzetto che sbatacchiano svogliatamente. Ero davvero lì, sul tek bruciato dal sole delle panche, ben rannicchiato per starci tutto e il meno scomodo possibile, la testa incastrata sul bordo di poppa, le ginocchia fuori dalla panca. Ma ciò nonostante non riuscivo a prendere sonno.

Stava vincendo l’insonnia, ancora. Non potevo permetterglielo. Insomma, ero tornato su Shasa, a godermi un’altra traversata notturna, perchè avrebbe dovuto vincere lei?

Perché mancava qualcosa. Mancava qualcosa che c’è sempre stato, nelle notti in traversata, ma che io non avevo ancora individuato e che, nella sua inconsistente assenza, mi impediva di prendere una mano di sonno. O meglio, accarezzava la mia insonnia coccolandola e rendendola più forte di prima, portando lì in pozzetto i problemi quotidiani di qui.

Ma poi ho ricordato. Ho ricordato un suono, IL suono! È un suono a cui, dall’ultima traversata (di rientro dalla Barcolana), non avevo inspiegabilmente più pensato. Ma è un suono che per me, e immagino per tutti i velisti adriatici, È la notte in traversata. Puoi togliere tutto il resto (il mare, il motore, il vento, le chiacchiere coi compagni), perché per tornare lì in pozzetto e farti cullare da una voce lontana che ti aiuta a prendere sonno, ti basta questo:

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“Securite-securite-securite. Ollscips-ollscips-ollscips, disiriiecaredio-riiecaredio-riiecaredio”

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Quel che mancava è il suono del VHF, che nella notte trasmette previsioni meteo e avvisi ai naviganti, in inglese e croato da Rijeka, con una gentile e professionale voce maschile. Una voce che rassicura, sempre, anche mentre anuncia Bora e mare forza 6 (“Stai tranquillo, velista. Sarà un disastro, ma tu devi solo, restando calmo, preparare la barca e trovare un ormeggio sicuro”). E pensare che sulla cassa del VHF, lì a poppa, ci avevo appena appoggiato la testa…

Quella voce, con la sua iterativa ripetizione del mantra radiofonico, a volte ha pure suscitato commenti ilari e benevole alzate di spalle, e alla lunga è quasi stufosa. Ma non può, ripeto, non può mancare in una traversata adriatica degna delle normali aspettative oniriche di un velista ordinario.

Stamattina presto, dopo essere salito sul treno ho cercato forsennatamente in rete, gironzolando come un matto per trovare uno streaming, un file, qualcosa, per poterlo risentire e condividere. Ma nulla da fare, niente Rijeka Radio. Tuttavia una valida testimonianza audio l’ho trovata. E ammetto che non è meno efficace o meno caratteristica. È la versione italiana di Rijeka Radio, con voce automatica che è comunque sempre presente nelle traversate notturne. E ascoltandola in cuffia, prima di arrivare alla fine della registrazione, tra Arezzo e il nulla, finalmente mi sono addormentato. Come se fossi stato in pozzetto.

PS: Se qualcuno avesse o trovasse una registrazione di RijekaRadio e ce ne postasse il link nei commenti, gliene saremo insonnemente grati!

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